Il nodo cruciale della pubblicità nel gioco d’azzardo

Cristina Marziali 08/08/2022
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no-adsC’è un nodo cruciale che riguarda il gioco d’azzardo e che sta interessando la gran parte delle legislazioni europee. Tale nodo parte dalla singolare dicotomia che il gioco d’azzardo vive. Da una parte, è un business che muove milioni di euro e che dà lavoro a moltissime persone. In quanto tale, come ogni forma commerciale, ha necessità di usare la pubblicità come mezzo di comunicazione con il pubblico. D’altra parte, però, si sa come vi siano delle fasce di popolazione, e dunque di potenziale pubblico, che potrebbero essere eccessivamente sensibile al richiamo del gambling, sulle quali un marketing troppo aggressivo potrebbe avere un effetto deleterio. Quindi è necessario trovare un giusto discrimine per cui la pubblicità non possa mai diventare potenzialmente pericolosa, ma resti uno strumento utile per allargare la platea dei giocatori in modo misurato e corretto.

Norme troppo restrittive

Come però troppo spesso accade quando si parla di gioco d’azzardo, si finisce sempre per eccedere di zelo e sconfinare in norme eccessivamente restrittive che creano danno, più che guadagno. Se infatti facciamo una rapida carrellata sulle decisioni prese negli ultimi anni dai principali Paesi europei nell’ambito del marketing relativo al gioco d’azzardo, vediamo come la tendenza sia quella di proibirlo, o in parte o tout court. L’Italia è forse una delle nazioni che si è dimostrata più rigida in tal senso, vietandola in modo praticamente globale. Il punto che ha fatto maggiormente scalpore è il divieto fatto alle squadre sportive di avere sponsorizzazioni. Ma le altre nazioni non si sono dimostrate da meno.

Il Paese che si è dimostrato più rigoroso è stato il Belgio, il quale nel maggio del 2022 ha emanato un divieto pressoché totale per la pubblicità del gioco d’azzardo. Decisione che è stata aspramente criticata, ma che sembra probabile possa essere seguita anche dal Regno Unito. In Inghilterra si prepara una riforma del Gambling Act, che risale al 2005, che sta facendo molto sospirare gli operatori del settore. La Spagna ha adottato la misura delle fasce orarie, concedendo sono uno stretto arco di tempo per la pubblicità già dal 2021. Il risultato è che la spesa in termini di marketing è calata rapidamente. Anche nei Paesi Bassi, dove il gioco è stato legalizzato da pochissimo, nell’ottobre del 2021, sono state prese misure per tutelare i minori.

Troppa fretta, poca riflessione

falque-pierrotinIl dato che emerge con maggiore prepotenza è la grande velocità con cui le varie legislazioni nazionali sono volute intervenire su questo argomento, senza prendersi il tempo di interloquire con gli operatori del settore e di sentirne i pareri. Per quanto a livello istituzionale la priorità sia e debba essere la tutela del benessere dei cittadini, non si può nemmeno trascurare il lato imprenditoriale di un comparto che movimenta grandi importi e in cui vengono fatti enormi investimenti. Se dire che la pubblicità è l’anima del commercio è dire una banalità, è però anche un’affermazione innegabile che sembra invece essere confutata dalle norme. Esistono anche delle zone d’ombra, come la Svezia, che ha adottato un atteggiamento più morbido ma che, in qualche modo, ha scaricato la responsabilità sul modo migliore di fare pubblicità sulle spalle degli operatori stessi. Tale ambiguità, al pari di un eccessivo rigore, non sembra favorire il raggiungimento dell’equilibrio desiderato e necessario.

La nazione che in un certo senso sembra aver intrapreso la strada giusta è la Francia. Qui il dibattito ha avuto inizio nel 2020 con i Campionati di Calcio Europei, ambito nel quale si è ritenuto che le pubblicità e gli advertise fossero eccessivi. Così l’ente preposto a tali argomenti, l’Autorité Nationale des Jeux (ANJ), ha iniziato un lavoro di riflessione sulla questione per giungere ad una conclusione che ancora oggi sfugge. L’aspetto interessante però è che, per ammissione del presidente di ANJ, Isabelle Falque-Pierrotin, prima di prendere qualunque decisione è necessario consultarsi con operatori, affiliati, giocatori, e con tutte le altre parti interessate.

Marketing e gioco responsabile devono procedere di pari passo

L’obiettivo che i legislatori si devono porre è difficile da raggiungere, ed è quello di fare in modo che la pubblicità sia sempre compatibile con il concetto di gioco responsabile. Il filo è sottile, e ci sono modi giusti e modi sbagliati per conseguire tale scopo. Ad esempio, ci sono stati interventi che hanno vietato spot pubblicitari che usassero disegni a cartoni animati, perché potevano apparire troppo accattivanti per i minori, i quali sono esclusi dal gioco d’azzardo. Invece, non ha avuto molto senso fissare dei limiti di puntata, cosa che è al vaglio nel Regno Unito e che potrebbe spingere invece i giocatori verso il mercato illegale.

Un punto di vista molto importante da tenere in considerazione è quello degli affiliati, ovvero quei siti che parlano di gambling online senza gestirlo direttamente. Joonas Karhu, che è il CEO di uno di questi siti che si chiama Bojoko, si dice ottimista circa il fatto che nei prossimi mesi le autorità preposte alla regolamentazione del marketing per il gioco d’azzardo sappiano individuare il giusto equilibrio. Questo perché il lato pubblicitario non è affatto trascurabile da un punto di vista economico e anche occupazionale. Quindi, castrarlo in toto non avrebbe molto senso, sotto nessun punto di vista.

Le decisioni che verranno prese dall’ANJ probabilmente tracceranno la via maestra anche per gli altri Paesi europei, con l’auspicio che siano tali da saper coniugare il massimo rispetto dei giocatori e dei cittadini e la naturale necessità, da parte di chi fa business, di pubblicizzare il proprio prodotto. Per usare le parole di Falque-Pierrotin: le leggi non sono sempre l’opposto del business. Se gli operatori useranno un comportamento responsabile, rispettando i giocatori, potrebbero persino diventare un altro strumento di marketing.

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CMarziali / Cristina Marziali