Lo stato occupazionale del gioco d’azzardo nel rapporto annuale ISTAT

Cristina Marziali 11/04/2023
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logo-istatDa ormai 11 anni a questa parte, ogni anno, l’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) si occupa di pubblicare un report completo sulla situazione economica e occupazionale dei vari settori produttivi italiani. In questi giorni è stato pubblicato il documento relativo al 2023, che include dati che si riferiscono al 2022, che offre una panoramica variegata, in cui a situazioni preoccupanti si affiancano anche segnali di ripresa. Il discrimine adottato in queste ultime edizioni del rapporto, naturalmente, è il Covid-19. L’emergenza pandemica si può dire chiusa solo da poco, e dal 2020 ha causato molte ripercussioni anche sul tessuto produttivo italiano (e non solo). Le chiusure, i profondi cambiamenti che si sono dovuti apportare nello svolgimento delle normali incombenze quotidiane, hanno messo in crisi alcuni settori e invece hanno dato maggiore importanza ad altri. Tutto questo emerge dal Rapporto sulla Competitività dei Settori produttivi – Edizione 2023.

Rapporto sulla Competitività dei Settori produttivi – Edizione 2023 – Introduzione

Prima di scendere nel dettaglio dei dati e dei numeri, il Rapporto esordisce con una lunga introduzione volta a fornire un inquadramento generale della situazione su cui i dati andranno ad inserirsi. L’argomento Covid-19 viene introdotto solo più avanti, in quanto sono anche altre le problematiche con cui il tessuto produttivo italiano si deve interfacciare in questo momento storico profondamente travagliato. Si parte infatti dalla disamina del panorama internazionale, soprattutto parlando dell’inflazione che è tornata a farsi sentire dopo anni di assenza e in modo molto marcato. Si  scende poi più nel dettaglio della realtà italiana, con l’analisi dei cicli economici correlati anche al rapporto domanda-offerta nel lungo periodo, quindi in un arco di tempo pluriennale.

Si passa così ad analizzare l’andamento dei prezzi approcciando poi il discorso occupazionale con le sue dinamiche. Quello che si può apprezzare ad un’occhiata generale è che l’occupazione è riuscita a recuperare nel 2022 dei livelli paragonabili a quelli precedenti la pandemia, anche se non in maniera omogenea e uniforme nei vari settori produttivi. Nel complesso, l’occupazione è crescita dell’1,7%, con una crescita più marcata nella prima metà dell’anno. Sono cresciute anche le ore lavorative. Naturalmente questo non è avvenuto in modo uguale su tutto il territorio nazionale, con una discrepanza tra Nord e Centro-Sud. Nel Centro-Sud l’occupazione è aumentata anche rispetto ai livelli pre-pandemia, mentre al Nord ancora non si è riusciti a tornare ai livelli precedenti.

I dati sull’occupazione nel Rapporto

Rispetto alle tipologie occupazionali che hanno beneficiato maggiormente di questa ripresa, si evidenzia soprattutto il lavoro subordinato, mentre quello indipendente è rimasto sostanzialmente invariato. Rispetto al lavoro subordinato, si sono fatti registrare più contratti a tempo indeterminato che a tempo determinato. Questo è un dato in controtendenza rispetto agli anni passati. Successivamente, il report passa ad analizzare le tipologie occupazionali che hanno avuto la ripresa più netta, e in prima posizione si parla di chi lavora nell’industria, nei servizi market e nelle costruzioni. Quest’ultimo settore, senza ombra di dubbio, è stato favorito dagli incentivi stati, anche se ha registrato un andamento altalenante per via dei problemi sorti proprio in relazione a teli incentivi e all’attuazione del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).

Dopo un lungo e approfondito capitolo relativo all’inflazione, il Rapporto riprende in maniera più approfondita il discorso in merito ai vari settori produttivi, cominciando dall’industria. Successivamente si parla di manifattura e infine di servizi. Tutto il terziario, dice il documento, ha conosciuto una forte ripresa nel 2022, specie per tutte quelle attività relative al turismo, uno dei comparti maggiormente danneggiato, per ovvi motivi, dalla pandemia di Covid-19 e dalle sue chiusure. Nella seconda metà dell’anno però c’è stato un rallentamento, specie nei settori di commercio all’ingrosso, trasporto e magazzinaggio, per via della ripresa dell’inflazione. Per questo motivo le previsioni per il 2023 non sono rosee.

I cambiamenti del sistema produttivo a cavallo della crisi pandemica

Il Rapporto tocca molti argomenti di interesse comune, dal problema rappresentato dalla crisi energetica e il conseguente aumento dei costi, che grava sulle imprese, fino alle misure messe in campo a livello europeo per porre un argine a tale situazione. Noi però vogliamo concentrare la nostra attenzione sul capitolo intitolato “I cambiamenti del sistema produttivo a cavallo della crisi pandemica” nel quale si analizza ancora più nel dettaglio quello che è avvenuto a seguito dell’emergenza Covid-19. Si opera in tale capitolo un raffronto tra la struttura produttiva precedente al Covid e quella uscita invece a seguito della crisi. Vengono prese in considerazione le imprese che hanno almeno un dipendente, che in Italia sono circa 1,5 milioni.

Ancora una volta si evidenzia come le imprese che hanno ricevuto il giovamento maggiore dalla fine della pandemia siano state quelle legate al settore delle costruzioni. La produttività complessiva del sistema ha fatto registrare un +2,2% relativamente al valore aggiunto per addetto, e nello specifico le costruzioni hanno avuto un aumento del 13,2% e un incremento occupazionale del 12,2%. In altri settori però, come ad esempio nella manifattura, c’è stata invece una riduzione degli addetti.

Un paragrafo a parte merita il settore dei servizi, quello che, come abbiamo già osservato, ha maggiormente sofferto le conseguenze della pandemia. Anche se nell’ambito di una notevole variabilità, nel complesso si registrano notevoli riduzioni occupazionali per un’impresa su due, in tutti i settori legati al turismo e soprattutto nel trasporto marittimo (-11,2%), nell’accoglienza in strutture (-9,6%), nella ristorazione (-5,5%), nelle agenzie di viaggio (-6,5%). A crescere in numero di occupati è invece il settore ricerca e sviluppo (+6,3%). E veniamo infine al settore di nostro interesse. Il gioco d’azzardo viene annoverato dall’ISTAT tra i servizi alla persona insieme attività sportive e di intrattenimento, dove l’occupazione è in calo del 2,6%. Per il settore lotterie, scommesse e case da gioco si registra un -2,1%. 

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CMarziali / Cristina Marziali